Riforme, Barani fa un gesto da padre costituente: mima un rapporto orale alla senatrice Lezzi (M5s)

Il craxiano del gruppo di Verdini si giustifica così: “Facevo il gesto del microfono”, poi cambia versione: "Dicevo ai grillini di ingoiare i fascicoli". L’esponente M5S: “Scurrile, va espulso”. La Taverna: "Porco maiale". Grasso: "Escalation inaccettabile"


Il Senato discute su come cambiare la Costituzione del 1948, quella nata dall’antifascismo e dalla Resistenza, e nel frattempo si trasforma in una bettola. La fine della storia dell’assemblea di Palazzo Madama per come si è conosciuta in questi quasi 70 anni rischia di finire con una foto (se mai verrà fuori): un senatore che mima un rapporto orale. Il merito è del dottor Lucio Barani, l’ultimo craxiano in Parlamento (per autocertificazione ripetuta alla nausea), ex sindaco di Aulla che per il suo Bettino eresse anche una statua nella piazza del suo paese in Lunigiana. Ora è capogruppo di Alleanza liberalpopolare per le autonomie, cioè di Verdini e gli altri ex berlusconiani che sostengono le riforme istituzionali e si lanciano come V2 per entrare nella maggioranza di governo. Nel pieno del dibattito sull’articolo 2, il cuore della riforma che tocca la Carta, durante l’ennesimo scambi di insulti, grida e epiteti, Barani ha guardato la collega Barbara Lezzi, del Movimento Cinque Stelle, e ha mimato un rapporto orale. Sia chiaro: Barani nega, smentisce, giura che è stato un equivoco, che faceva il gesto di un microfono. Ma tra gli altri senatori non ce n’è uno che gli dia credito. 
E la Taverna gridò a Barani: “Porco maiale”E, comunque sia, il gesto osceno scatena il resto dell’Aula. Paola Taverna si alza dal suo banco e racconta tutto a Grasso. “Mi vergogno a rifarlo” dice, gridando al microfono, ma poi lo rifà. “Porco maiale” aggiunge per non rischiare che Barani non capisca di chi si sta parlando. Perfino Grasso è disorientato, a niente serve questa volta lo sguardo sornione con cui di solito derubrica le “intemperanze”: così, come se si fosse alle medie, nella stanza del preside, chiede spiegazioni a Barani e lui nega, fa il vago, cerca di toccarla in corner. “Io ho solo detto che dopo che avevano interrotto il senatore Falanga, ora lo abbiamo fatto parlare. Se loro lo vogliono interpretare male… Vogliono buttarla in rissa. Se è stato interpretato male io mi scuso”. Ma è come gettare carbonella, la Lezzi è furibonda: “E’ stato un gesto volgare e scurrile, non è stato male interpretato. Noi vogliamo che Lucio Barani venga espulso. E chiediamo che chieda scusa altrimenti non si può andare avanti”. Il capogruppo grillino Gianluca Castaldi se la prende anche con la Boschi. Poi tutti a gridare: “Fuori, fuori”.L’ultracraxiano che chiama i giudici “bestie feroci”Barani. Senatore dopo essere stato deputato, sempre conBerlusconi. Berlusconiano dopo essere stato ultrasocialista,sempre con Craxi. E’ noto quasi solo per questo. Gli altri lo ricordano al massimo perché è quello che tiene sempre il garofanonel taschino. Nessuno sapeva che fino ad agosto era segretario delNuovo Psi (nessuno sapeva nemmeno del Nuovo Psi). Il giorno dei 15 anni dalla morte del leader socialista ad Hammamet(gennaio) indossò una maglietta con scritto “Je suis Craxi“: erano passati giusto 11 giorni dalla strage nella redazione di Charlie Hebdo. Medico dello sport, sindaco di Aulla prima e Villafranca in Lunigiana poi. Indagato per corruzione perché, secondo l’ipotesi dei magistrati, assicurò controlli più blandi su un’operazione di bonifica in una discarica in cambio di cene, vino e un’assunzione. A processo per disastro e omicidio colposo plurimo per l’alluvione in Lunigiana nel 2011: secondo i magistrati (che lui ebbe a definire “belve feroci assetate di sangue di politici”) dette l’ok a troppi permessi edilizi, anche a case e scuole nell’alveo del fiume Magra. Condannato dalla Corte dei conti per una storia didoppi rimborsi: presenziava e si faceva rimborsare da parlamentare e da sindaco. Definì il pm che lo indagò“comunista” (ah, i vecchi sapori).Non è la prima volta che ha comportamenti che non erano nemmeno negli incubi di chi scrisse l’articolo 54 dellaCostituzione che Barani sta ora modificando. Una volta, mesi fa dal suo seggio all’estrema destra (eppure è socialista) disse aGrasso che “se i suoi genitori le avessero dato qualche ceffone e se ne avessero dati qualcuno in più, l’avrebbero educata meglio”. Lo stesso giorno reagì alle proteste dei Cinque Stelle affermando al microfono che “c’è qualcuno tra i banchi che si sta drogando” e mimò (e allora è un vizio) il gesto di un’iniezione nel braccio. Per protesta contro la legge anticorruzione presentò tre emendamenti in cui proponeva come pene per i corrottifucilazioni di piazza, esposizione al pubblico ludibrio e lapena di morte. Apertissimo sui diritti civili (divorzio breve, unioni gay, droghe leggere, detenuti), ora si ritrova a fare la figura del cafone, rozzo, retrogrado. Ma lui nega tutto.Certo, come ogni fatto di cronaca nera, c’è una ricostruzione e ci sono le testimonianze. La ricostruzione dice che tutto comincia mentre interviene Ciro Falanga, ex cosentiniano un po’ pentito, anche lui comunque verdiniano, invaghito dalle riforme di Renzi: i Cinque Stelle cominciano a rumoreggiare, chiedono a Grasso di togliergli la parola. E gli altri, i verdiniani, a rispondere. Solite scene, Grasso lascia fare perché sennò si fa notte e così nel borbottio, nello scambio di grida, ecco brillare il gesto di Barani. Ha mimato un rapporto orale, denunciano in parecchi. Ma no, ho fatto il gesto del microfono, replica lui interrogato da Grasso sul punto. Ma no, “invitavo quanti impedivano l’intervento di Falanga ad ingoiare i fascicoli che tanto veementemente stavano sventolando”, cambia idea sempre lui, Barani, in una nota. E’ la sua terza versione in due ore.Poi ci sono le testimonianze. A raccontare la storia all’Ansa, per esempio, è Aldo Di Biagio, eletto con Scelta Civica e ora passato in Area popolare, cioè il gruppo che riunisce Ncd e Udc, quindi in maggioranza. Lo conferma una senatrice della Lega, Erika Rossi.Renato Schifani chiede la parola e racconta, lui che ha fatto il presidente del Senato per 5 anni, che una roba così non l’ha mai vista. Eppure ne hanno viste, lui e gli altri senatori quasi a vita: è lo stesso posto in cui si credeva raggiunto il punto più basso quando Nino Strano spalancò le fauci per ingollare mortadella e spargere champagne insieme al collega Domenico Gramazio, alla caduta del secondo governo Prodi. E i meno garantisti nei confronti di Barani sono proprio i vecchi amici, quelli che una volta erano – per dire – con lui a votare, tutti insieme, contro la decadenza del loro leader da senatore, la stella polare Silvio Berlusconi. Schifani, ma poi anche Paolo Romani, capogruppo di Forza Italia, chiedono al senatore sguaiato di avere almeno la compiacenza di non partecipare ai lavori del Senato fino a lunedì. Capirai che paura: rischia 10 giorni di sospensione, come un grillino qualunque.Ma Barani niente, non ne vuole sapere, si trincera dietro la propria “onorabilità“. Tutti in Aula gli danno addosso e lui ripete: “Non ho fatto alcun gesto”. Non ci crede nessuno. Cinzia Bonfrisco, che come Barani è un’ex berlusconiana (ora capogruppo dei fittiani) e prima ancora un’ex socialista, non molla di un centimetro: “L’Aula deve essere difesa – scandisce rivolgendosi a Grasso – non deve essere un bivacco. Io prego il senatore Barani di chiedere formalmente scusa per questo gesto inqualificabile”. E perde il suo consueto aplomb e la compostezza trentina per regolare i conti tra ex Psi: “E si tolga quel garofano che fa rivoltare nella tomba i socialisti. Togliti quel garofano che sei un pagliaccio”. C’è tensione come su un ring, Grasso sospende la seduta, subito dopo la richiesta di Valeria Fedeli (Pd, vicepresidente vicario di Palazzo Madama) di convocare subito un ufficio di presidenza, che sarà il tribunalino che giudicherà Barani (“Ci sono anche mezzi tecnologici” dice qualcuno, fiducioso).
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Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/02/riforme-barani-fa-un-gesto-da-padre-costituente-mima-un-rapporto-orale-alla-senatrice-lezzi-m5s/2090453/

Barani mima rapporto orale a Lezzi (M5S), bagarre. Taverna: “Ha fatto così, porco”

Lucio Barani nega tutto. Ma le senatrici del M5S non ci stanno. Il rapporto orale che il senatore verdiniano avrebbe mimato rivolgendosi alle M5S Barbara Lezzi non passa. E inutili sono le parole con le quali tenta di giustificarsi: “Se il mio gesto è stato male interpretato…”. Prende la parola la grillina Paola Taverna. Anzi, ripete il gesto a beneficio di chi se l’era perso. E urla: “Sei un porco“. Il presidente del Senato cerca di calmare gli animi, inutilmente: “Cosa volete, la testa del senatore Barani?”. Poi Grasso dà la parola al capogruppo M5S, Gianluca Castaldi. “Come ha permesso a un soggetto del genere addirittura di giustificarsi. Anche lei dovrebbe togliersi quel sorriso per questo schifo”, urla rivolgendosi a Grasso, che a questo punto dà la parola alla senatrice Lezzi. “Il suo era un gesto eloquente riferito a una donna. Chieda scusa in quanto uomo”, è la reprimenda della senatrice. E a confermare le sue parole arrivano quelle di una collega leghista, Erika Stefani: “L’ho visto, ha offeso non solo la Lezzi, ma tutte le donne che ci sono qui”. E alla fine parla anche il Pd: “Non è accettabile un gesto di questo tipo”, dice Maria Cecilia Guerra, che chiede un approfondimento sull’accaduto. Ma ormai l’Aula è in preda alla bagarre. “Fuori, fuori”, gridano dai banchi del M5S. Grasso promette una verifica e sospende la seduta. E Denis Verdini brontola dal suo scrannoContinua...

Guarda il video: http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/10/02/barani-mima-rapporto-orale-a-lezzi-m5s-bagarre-in-aula-taverna-ha-fatto-cosi-porco/421295/

Riforma appalti, rinviati nuovi poteri di Anac. Cantone: “Non mi entusiasma”

Su indicazione del governo, la Commissione ambiente della Camera spacchetta il nuovo codice già approvato in Senato: prima il recepimento delle direttive Ue e solo a fine luglio il testo finale che dovrebbe mettere l'Autorità anticorruzione al centro del sistema. Il presidente al Fatto.it: "Abbiamo insistito per un percorso più rapido". Il nodo delle concessionarie autostradali e la scelta della "soft law"


I nuovi poteri promessi dalla riforma del codice degli appaltiall’Anticorruzione di Raffaele Cantone dovranno aspettare ancora. Lo ha stabilito la Commissione Ambiente alla Camera, facendo propria la posizione del governo. La riforma procederà in due tempi prevedendo prima – entro il 18 aprile 2016 – il recepimento delle direttive europee su contratti di concessione e appalti, e solo dopo tre mesi – entro il 31 luglio – l’approvazione del nuovo codice. Uno spacchettamento che Cantone non avrebbe voluto. “La soluzione non mi entusiasma” dice a ilfattoquotidiano.it il presidente Anac “anche se per come è stata congegnata mi preoccupa meno”. Tra le novità più importanti, inoltre, il superamento del regolamento di attuazione del codice, che sarà sostituito da alcune linee-guida scritte insieme dalMinistero delle Infrastrutture e Anac, e il ritorno alla possibilità di assegnazione del 20% dei lavori senza gara per le società concessionarie di lavori e servizi pubblici (come le concessionarie autostradali). Il testo adesso passa alla Camera.
POSTICIPATO IL CUORE DELLA RIFORMA. Con la decisione di procedere in due tempi, il Governo e la Commissione Ambiente della Camera posticipano di fatto il cuore della riforma approvata lo scorso 18 giugno da Palazzo Madama, chemetteva Anac al centro del nuovo sistema di gestione degli appalti. Con il rischio, secondo l’Anticorruzione, di creare un caos giuridico per la successione di tre diversi impianti normativi che vedranno il passaggio dall’attuale vecchio codice, al recepimento delle direttive e infine al nuovo testo riformato.
Sul punto, durante un convegno di studi amministrativi tenutosi a Varenna, Cantone aveva già apertamente dichiarato che l’ipotesi dei due tempi non lo convinceva affatto. “Ovviamente mi sarei augurato l’uscita del codice tutta insieme” ammette il presidente Anac “ma una divisione organizzata così, e noi abbiamo insistito perché fosse il più breve possibile, pone minori problemi anche perché il breve periodo di interregno potrebbe rivelarsi utile: ci servirà a capire attorno a quali opzioni delle direttive sarà costruito il nuovo codice”. Dunque una mezza vittoria, rispetto alle peggiori prospettive iniziali: “All’inizio qualcuno aveva proposto un codice che sarebbe entrato in vigore a fine 2016 o addirittura a inizio 2017” racconta il presidente.
Gli emendamenti approvati dalla Commissione Ambiente contengono due ulteriori novità rispetto al testo licenziato dalSenato. Anzitutto il superamento del regolamento di attuazione del codice degli appalti, come chiesto da Anac, che sarà sostituito da linee-guida di carattere generale, sul modello della “soft law” anglosassone, che saranno scritte insieme dal Ministero delle Infrastrutture e da Anac. La soluzione di scrittura concertata è stata decisa negli ultimi giorni, dopo che Delrio aveva dato ampia disponibilità ad Anac sulla loro formulazione. “Ho proposto io questa soluzione al ministro Delrio” dice Cantone “perché credo che alcuni passaggi della scrittura richiedano un’assunzione di responsabilità di tipo tecnico-politico. Noi siamo un organismo indipendente e manteniamo gelosamente la nostra posizione” aggiunge. “La formulazione delle linee-guida” continua il presidente Anac “può richiedere scelte di politica economica ed industriale, e noi non dobbiamo fare politica”. Bisognerà adesso capire come si realizzerà il tandem concretamente, visto che già l’idea delle linee-guida rappresenta “un cambiamento epocale, che fa storcere il naso a diverse persone”.
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Riforma Rai: il governo accelera, l’opposizione si prepara allo scontro

Scaduto ieri il termine per la presentazione degli emendamenti: sono in tutto 400. Solo due settimane per esaminarli, poi in Aula il 19 ottobre per il via libera definitivo. In campo il presidente della Vigilianza Fico che ha sostituito in commissione Trasporti la collega Spessotto del M5S. E che accusa: “No al super amministratore delegato, tra le criticità del testo anche le procedure di nomina del Cda e l’affidamento degli appalti”. Fratoianni (Sel) boccia il ddl: “Così avremo un Consiglio lottizzato insediato con la Gasparri e un ad telecomandato da Palazzo Chigi”


Il termine scadeva ieri mattina alle 10. Ultima chiamata per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge (ddl) di riforma della Rai e del servizio pubblico radiotelevisivo già approvata in prima lettura dal Senato. Uno dei più delicati e spinosi provvedimenti di iniziativa governativa piombato sul tavolo dellecommissioni Cultura e Trasporti della Camera riunite in seduta comune, dove si preannuncia già un durissimo scontro tra maggioranza e opposizioni. Non è un caso che, per giocare la difficile partita, il Movimento 5 Stelle abbia deciso di schierare in prima linea addirittura il presidente della commissione di Vigilanza sulla Rai, Roberto Fico (nella foto). Che, pur non essendo membro di nessuna delle due commissioni, sostituirà la collegaArianna Spessotto (in commissione Trasporti) per seguire personalmente l’intero iter del disegno di legge del governo guidato da Matteo Renzi.
SUPER AMMINISTRATORE – “Il fatto che perfino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia dedicato un passaggio del suo discorso di insediamento al ruolo del servizio pubblico e alpluralismo dell’informazione dimostra quanto alta sia la posta in gioco”, spiega il componente del direttorio del M5S, motivando la sua partecipazione all’esame della riforma. Una riforma sulla quale il governo è tornato a premere sull’acceleratore. I tempi, del resto, sono strettissimi: appena due settimane per esaminare i circa 400 emendamenti presentati in commissione con l’obiettivo di inviare il provvedimento in Aula già il 19 ottobre. “Hanno fretta e il motivo è evidente: vogliono trasferire tutti i poteri nelle mani di unamministratore delegato telecomandato direttamente daPalazzo Chigi”, accusa il coordinatore nazionale di Sinistra ecologia e libertà (Sel) e membro della commissione di Vigilanza,Nicola Fratoianni. Del resto, la battaglia più cruenta si combatterà proprio sulla trasformazione dell’attuale direttore generale della Rai in amministratore delegato e sui relativi poteri. Troppo sbilanciati a suo favore, secondo le opposizioni, a discapito del consiglio d’amministrazione nel nuovo schema di governance, fondato sul binomio ad-cda. Schema che, nella forma, coincide con quello proposto anche dai grillini. “Ma con delle differenze sostanziali”, avverte Fico. Innanzitutto di metodo: “E’ inaccettabile eleggere un cda con la Legge Gasparri e poi stravolgere in corsa la figura del direttore generale trasformandolo in amministratore delegato: se il governo è in ritardo sull’approvazione della sua stessa legge, non può pensare di rimediare dando vita ad un abominio giuridico”. Che Fratoianni sintetizza così: “Un cda eletto con la Gasparri che incarna ilmassimo della lottizzazione e un amministratore delegato diretta emanazione del governo. Un capolavoro”.
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Football_leaks, anche il calcio ha il suo Julian Assange: svelati i segreti delle squadre.

Contratti, clausole, accordi segreti dell’ultima sessione trasferimenti. Con un occhio di riguardo al Portogallo e alla Doyen, il misterioso fondo d’investimento che ha un ruolo più o meno da protagonista nella maggior parte delle transazioni svelate


Anche il calcio ha la sua WikiLeaks. “Football_leaks” già dal nome è liberamente ispirata all’organizzazione fondata da Julian Assange. E da qualche giorno pubblica in forma anonima documenti scottanti del mondo del pallone. Contratti, clausole, accordi segreti dell’ultima sessione trasferimenti. Con un occhio di riguardo al Portogallo (Paese dove è stato aperto il sito, che infatti è scritto in portoghese). E alla Doyen, il misterioso fondo d’investimento che ha un ruolo più o meno da protagonista nella maggior parte delle transazioni svelate.Tutto nasce giovedì 29 settembre alle 5.49 del mattino, quando sulla piattaforma live journalism viene aperto il dominio http://football-leaks.livejournal.com/, e viene pubblicato il primo post: si parte in sordina, con i presunti accordi fra lo Sporting Lisbona e il Recreativo Caàla, club satellite angolano che acquisterebbe giocatori per rigirarli ai portoghesi. Di qui in avanti è un’escalation di rivelazioni: il giorno dopo salta fuori la copia del contratto di Jorge Jesus, passato in estate dalla panchina delBenfica (con cui è anche arrivato in finale di Europa League nel 2014) a quella dello Sporting. L’allenatore più pagato della storia del Portogallo: 5 milioni e 4 euro, si legge nel documento ufficiale che appare su internet e che il club di Lisbona si affretta asmentire, denunciando il sito. Ma le pubblicazioni proseguono: le quattro pagine del contratto di trasferimento di Radamel Falcaodall’Atletico Madrid al Monaco nel 2013, che adesso chiunque può scaricare comodamente da internet. O dossier sempre più complessi e dettagliati. Come il cosiddetto “Progetto Imbula” tra Doyen e Porto, il più compromettente degli accordi fin qui svelati.
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Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/10/02/football_leaks-anche-il-calcio-ha-il-suo-julian-assange-svelati-i-segreti-delle-squadre-prima-vittima-il-porto/2090756/

Bancarotta Chil Post, gip si riserva sull’archiviazione di Tiziano Renzi, padre del premier

Il giudice per le indagini preliminari di Genova, Roberta Bossi, ha ascoltato il legale del creditore che si è opposto alla richiesta e poi il pm, che ha ribadito la necessità di archiviare perché le indagini non hanno portato a prove concrete sulla responsabilità del papà del presidente del Consiglio nel dissesto finanziario della società. La decisione potrebbe essere resa nota alla fine della prossima settimana

Il gip di Genova Roberta Bossi si è riservato ogni decisione. Si è conclusa così, dopo circa un’ora, l’udienza fissata per discutere l’opposizione all’archiviazione richiesta dal pm di Genova Airoldi nei confronti di Tiziano Renzi, padre del premier Matteo Renzi, indagato per la bancarotta della Chil Post, la società di marketing da lui guidata che ha sede nel capoluogo ligure. Il 9 giugno il gip non aveva accolto la richiesta della Procura, che a fine marzo aveva chiesto che il padre del premier fosse scagionato, per fare ulteriori approfondimenti.
Il giudice ha ascoltato il legale del creditore che si è opposto alla richiesta di archiviazione e poi il pm che ha ribadito la propria richiesta di archiviare perché le indagini non hanno portato aprove concrete sulla responsabilità di Tiziano Renzi nel dissesto finanziario della Chil Post.
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Intercettazioni e privacy, in vent’anni meno di 20 casi di violazione. Ecco perché la nuova legge serve solo alla politica

Gli sms della Ferilli e quelli della Falchi, le avances di Alessandra Necci e quelle di Moggi junior, le telefonate dei sacerdoti fiorentini e la sentenza europea su Craxi: sono le cosiddette “intercettazioni selvagge”, che invadono la vita privata di persone coinvolte dalle inchieste della magistratura. Quelle che hanno sollecitato governi di ogni colore ad intervenire sulla questione. Eppure negli ultimi vent'anni emergono meno di 20 circostanze, una dozzina di momenti in cui fatti privati sono finiti sui giornali: un po' poco per sollecitare una riforma

Gli sms di Sabrina Ferilli e quelli di Anna Falchi, le avances diAlessandra Necci e quelle di Alessandro Moggi, le intercettazioni dei sacerdoti fiorentini e la sentenza europea suCraxi, citata perfino in un tribunale di Nuova Delhi. Poi nient’altro, o poco più. Il totale? Meno di venti casi negli ultimi due decenni di storia italiana. Eccole qui le cosiddette “intercettazioni selvagge”, quelle che violano la privacy, invadendo ogni campo della vita privata di persone coinvolte dalle inchieste della magistratura e che poi finiscono pubblicate sui giornali senza che abbiano niente a che vedere con i reati contestati. Eccoli qui i casi in cui il garante della privacy è dovuto intervenire perché il limite era stato oltrepassato, ed occorreva mettere un freno a quotidiani e periodici che, con la scusa delle intercettazioni, “spiavano dal buco della serratura” di vip e personaggi pubblici.
Ed è proprio per questi casi che, da quasi vent’anni, governi di ogni colore politico cercano di fabbricare una legge che vieti drasticamente la pubblicazione di quelle intercettazioni. E adesso che alla Camera è in discussione la riforma del processo penale, compreso l’emendamento Pagano (in calendario martedì prossimo), quello che nella filosofia del governo Renzi dovrebbe finalmente mettere un freno alla presunta violazione della privacy,una domanda è legittima: in quanti casi, davvero, i giornali hanno violato la sfera personale, pubblicando intercettazioni che nulla hanno a che vedere con i reati contestati, con le inchieste in corso, con l’interesse dell’opinione pubblica?
Incrociando il database del garante per la protezione della privacy con le notizie pubblicate dai giornali emergono meno di 20 circostanze, per la precisione 12 casi, una dozzina di momenti in cui fatti privati, che a volte coinvolgevano persone estranee alle indagini, finivano pubblicati sui giornali perché contenute nelle intercettazioni ordinate dall‘autorità giudiziaria. Ovviamente si tratta solo dei casi rintracciati dal fattoquotidiano.it, ma anche a voler arrotondare per eccesso quella cifra, raddoppiandola o triplicandola, l’impressione è che siano davvero poche lefattispecie di violazione per giustificare il continuo allarme lanciato dalla classe politica, visto anche che, secondo l’Eurispes, sono ben 140 mila le utenze telefoniche intercettatedagli uffici giudiziari italiani ogni dodici mesi per un totale di 180 milioni di eventi telefonici (sms e chiamate). Ovviamente non si tratta del numero di persone sotto intercettazione, visto che in realtà ogni soggetto ha a sua disposizione più utenze, che vengono registrate solo per alcuni giorni.+
Le baby squillo dei Parioli 
Uno degli ultimi casi in cui il garante della privacy è dovuto intervenire per strigliare i media è quello delle baby squillo dei Parioli. Al centro dell’inchiesta il fotografo Furio Fusco, accusato di adescamento di minori, pornografia minorile aggravata e prostituzione minorile. I giornali rendono note le intercettazioni dell’inchiesta (che coinvolge anche Mauro Florani, marito diAlessandra Mussolini), ma il garante fa notare come siano stati pubblicati “dettagli che potrebbero rendere identificabili alcune delle ragazze coinvolte (che sono minorenni ndr) e ledere la loro dignità, in violazione della carta di Treviso e del codice deontologico dei giornalisti”.
Gli sms della Ferilli 
Non violano i diritti di minorenni ma non andavano comunque pubblicati gli sms di Sabrina Ferilli all’ex amico Francesco Testi. L’attrice romana era stata querelata dall’ex partecipante delGrande Fratello, perché in un’intervista aveva negato l’esistenza di una liason, dandogli velatamente dell’omosessuale. Testi la trascinò in tribunale, producendo come presunta prova gli sms ricevuti dalla Ferilli,. Il garante però intervenne ordinando a periodici e giornali di“astenersi dalla pubblicazione di sms eventualmente idonei a rivelare abitudini sessuali”.
I “ti amo” della Falchi a Ricucci
Erano intercettati dalla procura di Milano nell’ambito delle indagini sulla scalata Antonveneta. Nei brogliacci però finirono anche le effusioni telefoniche tra Anna Falchi e il marito, il “furbetto del quartierino” Stefano Ricucci. “Solo per dirti che sono la donna più felice del mondo, perché ho te amore mio grande, ti amo. Capito? Sono tua per sempre. Ricordalo”, scriveva in un sms la showgirl di origine finlandese. Un “evento telefonico” intercettato e finito poi agli atti dell’inchiesta che però nulla aveva a che vedere con l’interesse pubblico, come poi confermato dal garante. È anche vero, però, che all’epoca il rapporto tra Falchi e Ricucci era noto da tempo: i due si erano sposati un mese prima dell’intercettazione in questione. La privacy violata, in questo caso, non sarebbe altro che la pubblicazione di effusioni tra marito e moglie.
Il primo caso: Necci – Pacini Battaglia
Di tutt’altro tenore invece lo scambio tra Alessandra Necci, la figlia dell’ex numero uno delle Ferrovie dello Stato Lorenzo, e il banchiere Francesco Pacini Battaglia. “Hai visto come sono sexy?Mi trovi un lavoro?” chiede la Necci a Pacini Battaglia, indagato dai pm della procura di Milano: è forse uno dei primi casi in cui inchieste della magistratura hanno invaso la vita privata degli indagati. Siamo, infatti, nel 1996 e l’onorevole Enzo Fragalà diAlleanza Nazionale ha appena chiesto per la prima volta una legge sulla intercettazioni. Fragalà sarà assassinato a colpi di bastone 14 anni dopo, e le intercettazioni telefoniche saranno fondamentali per individuare i suoi presunti killer: questa però è un’altra storia.
Calciopoli e l’esempio D’Amico
Rappresenta un caso da manuale invece l’inchiesta su Calciopoli.Luciano Moggi aveva lamentato inutilmente (e senza alcun presupposto giuridico) l’invasione della sua privacy per le centinaia di intercettazioni che lo riguardavano. Nell’inchiesta sull’ex dg della Juventus, però, spunta anche il nome di Ilaria D’Amico. La giornalista era citata nell’indagine perché era l’oggetto delle avances di Alessandro Moggi, il figlio di Luciano. “Ho speso 10mila euro per portarla a Parigi, ho preso un aereo privato, albergo di lusso, ristorante favoloso”, diceva Moggi junior intercettato. Il nome della conduttrice Sky, dunque, era finito sui giornali senza che fosse minimamente coinvolta in alcun filone dell’indagine: che l’emendamento Pagano arrivi dunque per tutelare i casi come quello della D’Amico? La diretta interessata ha già smentito con il suo commento in diretta televisiva. “Certo, mi ha dato fastidio – ha detto – ma non per questo chiedo il bavaglio alle intercettazioni”. Chapeau.
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